Dopo l’uscita del suo primo disco e la partecipazione al MiAmi Festival, abbiamo intervistato Memento, uno degli artisti più riconoscibili dell’etichetta discografica Asian Fake.
Intrappolati nel caldo di un’estate ormai alle porte, ci ritroviamo a sognare paesaggi edenici. Freschi ruscelli scendono da pendici rocciose che nulla hanno a che vedere con il caos urbano in cui sudiamo. Ci vorrebbe, ci diciamo, un po’ d’“Acquadolce”, per fortuna, possiamo rifugiarci nel nuovo disco di Memento per ritrovare un po’ di calma e spiritualità.
Memento, giovane promessa di casa Asian Fake, ha pubblicato il suo disco d’esordio il 20 maggio scorso. Il progetto è stato anticipato dall’uscita di “Stick”, prodotto da Memento e gli Oribu. Il brano, come conferma l’artista, rappresenta un manifesto contro il bullismo e la violenza, pensiero che si rafforza e si solidifica nelle altre nove tracce dell’album. “Acquadolce”, infatti, incanala la sensibilità di Memento in percorsi che sfociano nell’assoluta libertà di emozionarsi, di amare e di lasciarsi attraversare da ciò che si vive.
Le contaminazioni musicali sono molteplici ed i featuring vedono la collaborazione di artisti come gli Eugenio in Via di Gioia, Guido Cagiva, Nio, e la partecipazione di Claudia Galimberti che interpreta il brano “Acquadolce” che dà il nome all’intero album.
Dopo soli sette giorni dall’uscita del suo “primo amore”, come lo definisce lui stesso, lo vediamo esibirsi sul palco del MiAmi, uno dei festival con la maggiore presenza di artisti emergenti del panorama musicale italiano.
Abbiamo colto l’occasione, successivamente a tutte queste emozioni, per fare qualche domanda a un artista che rappresenta una voce nuova sia per il modo di affrontare la propria sensibilità che per la volontà di stimolare a fare altrettanto nel prossimo.
Ciao Andrea, come stai?
Ciao, bene, grazie!
Perché hai scelto “ACQUADOLCE” come titolo?
Non mi metto a pensare approfonditamente, è una cosa che vien da sé.
Con Michele Nannini, che cura l’art direction e tutta la parte grafica di Asian Fake, abbiamo deciso di chiamarlo “Acquadolce”, ci sembrava il nome corretto da dare al disco. In effetti, il disco è un po’ come l’acqua dolce, scorre, cambia e si trasforma e anche la musica che c’è dentro fa altrettanto.
Qual è il luogo in cui ritrovi la spiritualità che caratterizza il disco?
Sono due isolette sul lago di Garda. Mia nonna ha sempre preso una casa lì d’estate, da quando sono piccolino, quindi, sento sempre il bisogno di stare là per due mesi all’anno per fare il reset della mia vita e ripulirmi un po’ da tutto.
Nonostante il fatto di essere giovanissimo, hai molte contaminazioni a livello musicale e uno stile ben preciso. Come hai trovato il tuo modo di esprimerti? C’è stata una figura o un evento che ha avuto un particolare peso nel tuo percorso?
Verso la musica provo una curiosità che non provo verso nessun’altra disciplina. Mi viene molto facile incuriosirmi e studiare. I miei, in più, hanno sempre ascoltato musica e sono sempre stato circondato da persone che amano la musica.
Essendo diventato un lavoro, nell’ultimo periodo, ho conosciuto tantissime persone che possono insegnarmi tante cose. Forse il macro episodio che mi ha colpito di più in questo percorso è l’incontro.
Le persone che ho incontrato in questo ambiente sono le più ricche, da un punto di vista culturale, che io abbia mai conosciuto e che mi hanno ovviamente lasciato tantissimi stimoli e tantissima musica.
Il 20 Maggio è uscito il tuo primo disco “ACQUADOLCE” e il 27 hai suonato al MiAmi. Come ti senti dopo tutte queste emozioni in così poco tempo?
Ovviamente benissimo. Dopo la maturità, perché adesso ho la maturità, inizieremo il tour. L’uscita del disco e il MiAmi sono stati un po’ l’inizio di tutto.
Che sentimenti scaturiscono in te il palco e il pubblico?
Tantissimi sentimenti diversi. Amo suonare dal vivo, davanti ad un pubblico. Mi piace molto condividere con gli altri quello che faccio, penso sia fondamentale vedere come la tua musica viene interpretata. Ho avuto la fortuna di suonare con persone fantastiche con cui mi esibisco in una sinergia che viene notata anche da chi ci ascolta.
Qual è stata per te la parte più complicata nel percorso di “ACQUADOLCE”?
Forse, tutta la parte logistica del far uscire un disco. Dal punto di vista creativo non ci sono state troppe complicazioni. Anche i momenti di stallo e blocco sono utili, sono tutti stimoli per creare qualcosa.
Luce e buio tornano spesso nei tuoi brani. Ti definiresti in equilibrio con queste due parti della tua personalità?
Ci sono sempre momenti in cui c’è più luce e momenti in cui c’è più buio. In questo momento della mia vita c’è molta luce, però com’è giusto che sia, arriveranno altri momenti di buio e dopo altri di luce.
Questo disco brilla di armonia e pacatezza, riflette una tua condizione spirituale o un immaginario a cui aspiri?
Sono una persona che vive molto nel presente, tendo a non guardare troppo avanti. La musica che nasce dalla mia spiritualità è al presente, mai al futuro.
Parli di un amore volubile, che sboccia e appassisce al variare delle stagioni. Corrisponde al tuo modo di vivere l’amore?
Amo le relazioni amorose. Ho iniziato a scrivere questo disco all’inizio della mia relazione sentimentale più importante fino ad oggi, e ho finito di scriverlo alla fine di questa, quindi, è corretto che si percepisca questa sorta di percorso nel disco.
In quanto ragazzo che incarna un nuovo maschile libero dal peso del machismo, senti la questione dell’inclusività e della lotta ad un “maschilismo tossico” come un tema a te caro?
Ovviamente sì, la fluidità e l’inclusività, per me, sono cose molto naturali. Penso che debba essere naturale per tutte le persone che vivono su questo pianeta, ma non è così, purtroppo.
Nel tuo pubblico ritrovi la stessa attenzione?
Essendo già presente in me, la vedo come una cosa naturale, mi sembrano tutte delle belle persone.
Qual è l’ultimo album, di ieri o di oggi, di cui ti sei innamorato?
Ok… sto aprendo Spotify! L’ultimo disco di cui mi sono innamorato è “The Bends” dei Radiohead. Mi ci sono molto ritrovato. La musica mi dà tantissime emozioni, tantissime sensazioni ma difficilmente riesco a rispecchiarmi nella situazioni che vengono scritte, e con questo disco è successo.
Il bagliore della poetica di Memento brilla di semplicità, degli impegni dei vent’anni, dell’esame di maturità che fa i conti con un tour estivo iniziato al MiAmi. Una sensibilità e un modo di guardare ciò che ci circonda carico del desiderio che ci sia sempre luce attorno, ma che conserva comunque la capacità di accogliere il buio quando necessario. In paesaggi talmente ampi da racchiudere spazi onirici e ricordi d’infanzia, Memento dà forma ad un album ciclico che parte e si rinnova in una stagionalità dei sentimenti in cui tutti ci possiamo ritrovare.